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Atti parlamentari

Senato della Repubblica. Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-00728

Atto n. 4-00728

Pubblicato il 6 agosto 2013, nella seduta n. 90

TAVERNA , GAETTI , ROMANI Maurizio , FUCKSIA , SIMEONI , BERTOROTTA , CIOFFI , BUCCARELLA , MORRA , MARTELLI , AIROLA , DONNO , MOLINARI , ENDRIZZI , CASALETTO , MARTON , BULGARELLI , LEZZI , MANGILI , NUGNES , BOTTICI , CRIMI , PAGLINI , CATALFO , BENCINI , MORONESE , MUSSINI , PEPE , FATTORI , MONTEVECCHI , SANTANGELO , BATTISTA , COTTI , CAMPANELLA , VACCIANO , GIROTTO , SERRA – Ai Ministri della salute, dell’economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie. –

Premesso che:

i registri dei tumori sono finalizzati alla raccolta di informazioni sui malati di cancro residenti in un determinato territorio, particolarmente necessari perché in nessuna struttura ospedaliera italiana, pubblica o privata, c’è l’obbligo di archiviare i dati relativi alla diagnosi e alla cura dei tumori, il che li rende l’unico strumento in grado di assolvere al compito di sorvegliare l’andamento della patologia oncologica ricercando attivamente le informazioni ad essa connesse, codificandole, archiviandole e rendendole disponibili per studi e ricerche;

le informazioni raccolte includono il tipo di cancro diagnosticato, il nome, l’indirizzo, l’età e il sesso del malato, le condizioni cliniche in cui si trova, i trattamenti che ha ricevuto e sta ricevendo e l’evoluzione della malattia: questi dati sono essenziali per la ricerca sulle cause del cancro, per la valutazione dei trattamenti più efficaci, per la progettazione di interventi di prevenzione e per la programmazione delle spese sanitarie;

i registri tumori si distinguono in due categorie, vale a dire i registri di popolazione e i registri specializzati: la maggior parte dei registri italiani sono registri di popolazione, i quali raccolgono i dati relativi alle malattie tumorali di tutti i residenti di un determinato territorio (può essere una singola città o un’intera regione, una provincia o un’Azienda sanitaria locale), permettendo di legare la raccolta di dati alla residenza, in tal modo la casistica raccolta non sarà selezionata, ma rifletterà la reale condizione di un territorio dove sono presenti tutte le fasce di età, tutti gli strati sociali, mentre i registri specializzati raccolgono informazioni su un singolo tipo di tumore (per esempio al colon-retto, alla mammella, eccetera) oppure su specifiche fasce di età (ad esempio tumori infantili da 0 a 14 anni, oppure degli adolescenti da 15 a 19 anni);

le fonti principali dalle quali vengono raccolti i dati necessari ai registri provengono dalle aziende ospedaliere, dai medici di famiglia, dalle ASL e dalle Regioni o dalle loro agenzie sanitarie, e sono costituiti nel concreto da schede di dimissione ospedaliera, archivi di anatomia e citologia patologica, cartelle cliniche, richieste di invalidità civile, consumo di farmaci oncologici e certificati di morte: la disponibilità di tali fonti, di recente sempre più informatizzate, ha permesso alla maggior parte dei registri tumori italiani di raccogliere, oltre ai dati anagrafici di base (sesso, età, data, luogo di nascita e di residenza) e alle caratteristiche del singolo tumore (sede, morfologia e comportamento), molte altre informazioni utili sia per il clinico sia per l’epidemiologo, tra le quali stadio tumorale, grading, marker, stato recettoriale, indicatori biologici, tipo di intervento e trattamenti effettuati, cui si aggiunge ormai, per molti tumori, la disponibilità dello stato di screening (mammella, cervice e più recentemente colon-retto), utile per effettuare valutazioni d’efficacia degli screening oncologici;

in Italia, come in altri Paesi dell’Europa meridionale, i registri tumori non sono nati per iniziativa di organismi nazionali né a seguito di precisi criteri programmatori, ma nella stragrande maggioranza dei casi hanno avuto origine dalla spontanea motivazione scientifica di singoli clinici, patologi, epidemiologi e medici della sanità pubblica;

i primi registri sono stati istituiti nel 1976 a Varese e Parma: gradualmente se ne sono aggiunti diversi altri sparsi per la penisola; gli ultimi in ordine di tempo sono stati quelli di Palermo, Como, Catania-Messina, Bergamo, Cremona, Lecce, Milano (ASL Milano 1), Piacenza e Taranto;

sono inoltre presenti in Italia 5 registri specializzati: il registro dei tumori infantili del Piemonte, il registro tumori colon-rettali di Modena, il registro mesoteliomi della Liguria, il registro dei tumori infantili delle Marche, il registro tumori della mammella di Palermo;

il carattere volontaristico delle iniziative volte all’istituzione dei registri italiani ha fatto sì che essi assumessero dimensioni medio-piccole: solo recentemente sono state programmate azioni di incentivazione da parte dei soggetti pubblici (Centro controllo malattie del Ministero della salute, Regioni, eccetera) per arrivare all’obiettivo di coprire con le attività di registrazione l’intero territorio nazionale;

secondo i dati riportati ufficialmente nel sito dell’AIRTUM (Associazione italiana dei registri tumori), aggiornati al 2013, attualmente nel nostro Paese solo circa 27 milioni di cittadini (pari al 47 per cento della popolazione totale) vivono in aree coperte dall’attività dei registri tumori accreditati dall’AIRTUM stessa, con una variazione delle dimensioni dei registri che oscilla tra zone corrispondenti a intere regioni, come l’Umbria, o quasi, come il Veneto, e dimensioni provinciali o addirittura corrispondenti esclusivamente a una singola città, come nel caso di Torino;

l’analisi dei registri attualmente esistenti, effettuata sempre dall’AIRTUM, dimostra inequivocabilmente che vi è una forte disparità tra le varie zone della penisola quanto alla copertura stessa, in quanto essa raggiunge nelle regioni del nord-est la considerevole percentuale del 69 per cento, in quelle del nord-ovest del 55 per cento, in quelle del meridione e nelle isole del 40 per cento e infine nelle regioni del centro, fanalino di coda, solo del 26 per cento (con la menzionata eccezione della Regione Umbria, totalmente coperta);

considerato che:

il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, contiene all’art. 12 le norme che istituiscono il fascicolo sanitario elettronico (FSE) e i sistemi di sorveglianza nel settore sanitario (registri di mortalità, di tumori, di altre patologie e di trattamenti costituiti da trapianti di cellule e tessuti e trattamenti a base di medicinali per terapie avanzate o prodotti di ingegneria tessutale e di impianti protesici) previsti, secondo quanto disposto dal comma 10, ai fini di “prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, programmazione sanitaria, verifica della qualità delle cure, valutazione dell’assistenza sanitaria e di ricerca scientifica in ambito medico, biomedico ed epidemiologico allo scopo di garantire un sistema attivo di raccolta sistematica di dati anagrafici, sanitari ed epidemiologici per registrare e caratterizzare tutti i casi di rischio per la salute, di una particolare malattia o di una condizione di salute rilevante in una popolazione definita”, manifestando la volontà del legislatore di pervenire alla creazione, in prospettiva, di una vera e propria rete dei registri tumori italiani;

il comma 11 prevede inoltre che: “I sistemi di sorveglianza e i registri di cui al comma 10 sono istituiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali. Gli elenchi dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie, di trattamenti costituiti da trapianti di cellule e tessuti e trattamenti a base di medicinali per terapie avanzate o prodotti di ingegneria tessutale e di impianti protesici sono aggiornati periodicamente con la stessa procedura. L’attività di tenuta e aggiornamento dei registri di cui al presente comma è svolta con le risorse disponibili in via ordinaria e rientra tra le attività istituzionali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale” mentre, secondo quando disposto dal comma 12, “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono istituire con propria legge registri di tumori e di altre patologie, di mortalità e di impianti protesici di rilevanza regionale e provinciale diversi da quelli di cui al comma 10”;

d’altro canto, l’articolo 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) disciplina le ipotesi di inadempienza, da parte delle Regioni, degli obblighi di contenimento della spesa sanitaria, ovvero i casi di disavanzo di gestione di cui all’articolo 1, comma 174, della medesima legge, prevedendo che la Regione interessata proceda a una ricognizione delle cause relative allo squilibrio economico-finanziario sanitario ed elabori un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio e che i Ministri della salute, dell’economia e delle finanze e la singola Regione stipulino apposito accordo che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, inclusivo dei cosiddetti piani di rientro dal deficit sanitario;

i piani di rientro della spesa sanitaria prevedono azioni di intervento che possono essere sintetizzate nella riorganizzazione della rete ospedaliera, con riduzione di posti letto ospedalieri e incentivazione dei processi di deospedalizzazione, nell’introduzione della distribuzione diretta dei farmaci e meccanismi di rimborso dei prezzi correlati ai farmaci meno costosi, nel blocco delle assunzioni e del turnover, nella determinazione dei budget per gli erogatori privati, nonché adeguamento delle tariffe a quelle stabilite a livello nazionale, negli acquisti centralizzati e monitoraggio degli stessi, per evitare incrementi dei volumi di spesa, e nell’utilizzo del sistema tessera della sanitaria per gli interventi finalizzati al miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva;

l’articolo 2, comma 78, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010) ha stabilito che il piano di rientro, approvato dalla Regione, è valutato dalla Struttura tecnica di monitoraggio e dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome nei termini perentori, rispettivamente, di 30 e di 45 giorni dalla data di approvazione da parte della Regione, prevedendo inoltre (comma 79) che il Consiglio dei ministri, decorsi i termini di cui sopra, ne accerti l’adeguatezza e, in caso di riscontro positivo, approvi il piano con immediata efficacia ed esecuzione mentre, in caso di riscontro negativo, ovvero in caso di mancata presentazione del piano, in attuazione dell’art. 120 della Costituzione, nomini il presidente della Regione commissario ad acta per la predisposizione, entro i successivi 30 giorni, del piano di rientro e per la sua attuazione per l’intera durata del piano stesso;

in particolare l’articolo 2, comma 79, a seguito della nomina del commissario ad acta dispone varie misure, tra cui la sospensione dei trasferimenti erariali a carattere non obbligatorio e l’obbligo di decadenza automatica dei direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del Servizio sanitario regionale, nonché dell’assessorato regionale competente, le quali si aggiungono all’applicazione, sempre automatica, di quelle previste dal citato articolo 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, come modificato dall’articolo 2, comma 76, della legge n. 191 del 2009, che prevede, per ciò che maggiormente interessa, l’esplicito “divieto di effettuare spese non obbligatorie” fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello nel corso del quale è constatato il mancato adempimento del piano;

le Regioni che finora hanno dovuto predisporre i piani di rientro sono state il Lazio, la Campania, la Sicilia, la Liguria, la Sardegna, l’Abruzzo, il Molise, la Calabria, il Piemonte e la Puglia (i piani di rientro sono stati stipulati per il Lazio il 28 febbraio 2007, per l’Abruzzo e la Liguria il 6 marzo 2007, per la Campania il 13 marzo 2007, per il Molise il 27 marzo 2007, per la Sicilia e la Sardegna il 31 luglio 2007, per la Calabria il 17 dicembre 2009, per il Piemonte il 5 agosto 2010, per la Puglia il 29 novembre 2010), e le Regioni Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Calabria sono state anche commissariate;

proprio le Regioni con piani di rientro e commissariate corrispondono a quelle più scoperte d’Italia: nel Lazio vi sono infatti 4 province prive di registro su 5 (unica eccezione virtuosa la Provincia di Latina) così come in Calabria (unica eccezione la Provincia di Catanzaro); in Campania 3 province su 5 (uniche eccezioni le Province di Napoli e Salerno), e l’Abruzzo e il Molise non ne posseggono neanche uno;

una recente sentenza della Corte costituzionale (n. 79 del 2013) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 4 e 5, dell’art. 4, commi 6, 7 e 8, dell’art. 5, comma 11, dell’art. 6, comma 2, lettere c) e d), nonché dell’art. 15, commi 6 e 13, della legge della Regione Campania 10 luglio 2012, n. 19, recante “Istituzione del registro tumori di popolazione della Regione Campania”, e, in via consequenziale, ai sensi dell’articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, recante “Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale”, l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 della stessa legge regionale, in quanto le menzionate disposizioni, prevedendo l’istituzione dei registri tumori e di unità operative dedicate e strutturate presso ciascun dipartimento di prevenzione delle ASL e della Regione, interferivano con l’attuazione del mandato commissariale e intervenivano in materia di organizzazione sanitaria “senza rispettare i vincoli posti dal Piano di rientro, così pregiudicando il conseguimento degli obiettivi di risparmio in esso previsti e violando il principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria”; il che, pur essendo una conclusione ineccepibile dal punto di vista giuridico, appare a giudizio degli interroganti paradossale se solo si considerano gli innegabili vantaggi connessi all’istituzione dei registri, precedentemente esposti, nonché i considerevoli risparmi che potrebbero venire al SSN e ai servizi sanitari regionali grazie alle informazioni raccolte, le quali sarebbero quanto mai preziose per pervenire ad un’equa razionalizzazione delle strutture esistenti e per orientare in modo oculato gli investimenti in ambito sanitario;

considerato inoltre che:

in base al rapporto 2011 dell’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) sull’inquinamento prodotto dagli stabilimenti industriali in Europa, più di 60 fabbriche italiane compaiono nella lista dei 622 siti più “tossici” del continente e molti di questi sono ubicati in province che attualmente risultano sprovviste di un registro tumori, né di popolazione né specializzato. Ad esempio, in Puglia il territorio della provincia di Brindisi risulta attualmente scoperto, nonostante vi sia la centrale Enel termoelettrica a carbone “Federico II” di Cerano, la seconda più grande del Paese dopo quella di Civitavecchia, che figura al 18esimo posto della classifica (prima tra le italiane) e, a partire da un esposto presentato dagli agricoltori locali, la procura di Brindisi abbia aperto un’inchiesta, nell’ambito della quale una perizia affidata a Claudio Minoia, direttore del laboratorio di misure ambientali e tossicologiche della fondazione Maugeri di Pavia, afferma che a contaminare i terreni, le colture, l’acqua e l’atmosfera sarebbe proprio la polvere del combustibile usato nella centrale;

nella stessa situazione si trovano in Sardegna le province di Cagliari e quella di Carbonia-Iglesias, sebbene nel territorio della prima siano site le raffinerie Sarde Saras di Sarroch, di proprietà della famiglia Moratti, l’impianto più grande d’Italia, con una capacità di produzione di 15 milioni di tonnellate annue di petrolio e collocato al 69esimo posto nella lista dell’Eea (anche qui la procura della Repubblica di Cagliari ha aperto un fascicolo sulla attività della Saras e sulle presunte conseguenze per la salute degli operai e degli abitanti di Sarroch), mentre in quello della seconda vi sia la centrale “Grazia Deledda” di Portoscuso, nel Sulcis, al 186esimo posto della classifica Eea, sita in un bacino che accoglie aziende diverse, dalla produzione di alluminio (Alcoa, Eurallumina), bitume e polistirolo, al trattamento dei gas e alla gestione di rifiuti speciali e mercantili, con l’ulteriore presenza di una miniera di carbone (Carbosulcis SpA): secondo un dossier realizzato da TzdE, “Energia e ambiente”, solo nell’area di Portoscuso tra il 1997 e il 2003 si sarebbe registrata un’incidenza del tumore ai polmoni superiore al 30 per cento rispetto alla media regionale;

ugualmente non esiste un registro tumori nella provincia di Caltanissetta, nonostante la presenza del polo petrolchimico di Gela, un’area dichiarata “a elevato rischio ambientale” da uno studio dell’Istituto superiore di sanità, che ha osservato un’alta incidenza di patologie tumorali sia negli uomini che nelle donne: i siciliani che lavorano o abitano attorno a questi stabilimenti industriali, secondo l’Iss, si ammalano soprattutto di “tumore maligno del colon retto, della laringe, della trachea, bronchi e polmoni”, così come non esiste nella provincia di Roma, tra le più popolose d’Italia, nel cui territorio sono presenti, ad esempio, la centrale termoelettrica Enel a carbone di Torre Valdaliga Nord, nonché la tristemente famosa discarica di Malagrotta, tra le più grandi d’Europa (240 ettari, tra le 4500 e le 5000 tonnellate di rifiuti scaricati ogni giorno, 330 tonnellate di fanghi e scarti di discarica prodotti ogni anno),

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dell’attuale frammentarietà e disomogeneità dei registri tumori presenti sul territorio nazionale, in particolare per quanto riguarda la totale assenza degli stessi in molti territori che figurano tra i più colpiti dall’inquinamento ambientale e industriale, il che rappresenterebbe, a giudizio degli interroganti, una grave violazione del fondamentale diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione;

se non ritengano opportuno rivedere l’attuale quadro normativo che sembra agli interroganti generare ostacoli considerevoli alla creazione dei registri tumori nelle Regioni che sono contemporaneamente sottoposte a piani di rientro e commissariate, costituendo, a parere degli interroganti, un’ulteriore violazione del combinato disposto tra l’art. 32 della Costituzione e il principio fondamentale dell’uguaglianza cosiddetta sostanziale, sancito dall’art. 3, comma secondo, e confermando indirettamente la scarsa funzionalità dell’inclusione della tutela della salute nell’elenco di competenze concorrenti tra Stato e Regioni dell’art. 117 della Costituzione, comma terzo;

quali azioni intendano intraprendere, nell’ambito delle rispettive competenze, per ottenere nel più breve tempo possibile la copertura totale del territorio italiano da parte dei registri tumori.

Link: https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=17&id=713390